Principali scritti, in ordine di pubblicazione, di Augusto Del Noce:

  • Il problema dell’ateismo. Il concetto di ateismo e la storia della filosofia come problema, Bologna, Il Mulino, 1964;
  • Riforma cattolica e filosofia moderna, I. Cartesio, Bologna, Il Mulino, 1965;
  • Il problema politico dei cattolici, Roma, UIPC, 1967;
  • L’epoca della secolarizzazione, Milano, Giuffré, 1970;
  • Tramonto o eclissi dei valori tradizionali? (co-autore: U. SPIRITO), Milano, Rusconi, 1971;
  • I caratteri generali del pensiero politico contemporaneo I. Lezioni sul marxismo, Milano, Giuffrè, 1972;
  • L’eurocomunismo e l’Italia, Roma, Europa informazioni, 1976;
  • Futuro prossimo. Ipotesi, giudizi, discussioni sull’eurocomunismo, (con R. PISU, L. WOLLERMBORG E C. FRACASSI), Bologna, Cappelli, 1978, pp. 1-65;
  • Il suicidio della rivoluzione, Milano, Rusconi, 1978, (3° ed. a cura e postfazione di G. Riconda, Torino, Aragno, 2004);
  • Il cattolico comunista, Milano, Rusconi, 1981;
  • L’interpretazione transpolitica della storia contemporanea, Napoli, Guida Editori, 1982;
  • Secolarizzazione e crisi della modernità, Napoli, Esi, 1989;
  • Giovanni Gentile. Per un’interpretazione filosofica della storia contemporanea, Bologna, Il Mulino, 1990;
  • Da Cartesio a Rosmini, a cura di F. Mercadante e B. Casadei, Milano, Giuffrè, 1991;
  • Filosofi dell’esistenza e della libertà, a cura di F. Mercadante e B. Casadei, Milano, Giuffrè 1992;
  • Rivoluzione Risorgimento Tradizione. Scritti sull’“Europa”, a cura di F. Mercadante, A. Tarantino e B. Casadei, Milano, Giuffrè, 1993;
  • I cattolici e il progressismo, a cura di B. Casadei, Milano, Leonardo, 1994;
  • Fascismo e antifascismo. Errori della cultura, a cura di B. Casadei, Milano, Leonardo, 1995;
  • Cristianità e laicità. Scritti sul “Sabato” (e anche altre inediti), a cura di F. Mercadante e P. Armellini, Milano, Giuffrè, 1997;
  • Scritti politici (1930-1950),a cura di T. Dell’Era, Soveria Mannelli, Rubettino, 2001;
  • Pensiero della Chiesa e Filosofia Contemporanea, a cura di L. Santorsola, Roma, Studium, 2005.
  • Verità e ragione nella storia. Antologia di scritti, a cura di A. Mina, intr. di G. Riconda, Milano, BUR, 2007.
  • Modernità. Interpretazione transpolitica della storia contemporanea, pref. e cura di G. Riconda, Brescia, Morcelliana 2007, 2a ed. 2008.
  • J.L. JULES LEQUIER, Opere, a cura di A. Del Noce, Postfazione di G. Riconda, Brescia, Morcelliana 2008.

Questa Bibliografia

 

     Come ognuno di noi ben sa, con il passare degli anni, i vecchi esercitano la perseveranza soprattutto nel cercare un filo conduttore della propria esistenza, ossia di unificarne le intenzionalità. Ciò facendo, diventano anche straordinariamente ingegnosi nel giustificare i propri insuccessi o l’inadeguatezza dei risultati di fronte alla grandiosità dei progetti: spinti a ciò dall’invasività del proprio “moi”, anche quando gli anziani si nascondono dietro l’autorità di Pascal per fare esattamente l’opposto di quanto il grande francese saggiamente consigliava. Per giunta, alla pulsione del “moi” che, il più delle volte zampilla dalle profondità della psiche, simile alla Drina dalle acque verdi e impetuose cantate da Ivo Andric[1], si aggiunge un alternarsi di giustificazioni e attenuanti che smorzano il senso di colpa per le proprie presunte inadempienze.

     In modo analogo questi sensi di colpa procedono raramente da soli.  Infatti, “innanzitutto e perloppiù” –

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[1] Ivo ANDRIC, (9 nel 1981, premio Nobel per la letteratura) Il ponte sulla Drina, trad. it di , Milano , Club degli editori, 1981, passim.

 

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avrebbe detto Heidegger -, i ricordi infantili si aggiungono irrompendo con forza selvaggia.

Lungi dallo sciogliersi in una letteraria, pacificazione al modo di Proust, questa mistura rivela, oltre le apparenze, una “frattura infracoscienziale”, oltreché, a differenza che in Sartre, “inframemoriale”.

 

     Nonostante la volontà contraria, recalcitro nel neutralizzare le pulsioni de “Moi”, pur non ignorando quanto haīssable esso sia. Si tratta di ricordi giovanili.

Mi permetto di richiamarli perché mi sembra   possano rappresentare una metafora adatta a chiarire le (molte) mancanze e l’intrinseca provvisorietà di questa “Bibliografia”.

     Le terre della mia infanzia, Rivarolo Canavese, ove sono nato e vissuto per anni assaporando il caldo torrido delle estati di allora, e Garessio al centro dell’alta val Tanaro, fra i cui boschi ho trascorso mesi e mesi della mia giovinezza e dove ora scrivo queste misere righe, stanno entrambe al PIÈ del MONTE. Rivarolo, al di sotto delle cime del Gran Paradiso e Garessio sui declivi delle “alpi marittime” o, più poeticamente, “del mare”.

Pure al PIÈ del MONTE, protetta solo dalle glorie che furono, sonnecchia  la “regal Torino” , ove ho trascorso quasi tutta la mia vita: una Torino che fu, un tempo non solo “regal”, ma pure “incoronata di vittoria”, secondo 

 

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la rettorica di ascendenza carducciana divenuta insopportabile oggi, considerando il degrado attuale della città: un semi-colosso dai piedi d’argilla sostenuto soltanto dalle nostalgiche reminiscenze della più grande industria italiana, un tempo orgogliosamente “subalpina” e oggi trasformatasi, quasi per maleficio, in “oltr’alpina” e  dai rimpianti sempre più impotenti delle Olimpiadi  del 2006. Ebbene, la Torino “che fu” porta talora a riemergere in me, un ricordo legato alle litigate meridiane dei ragazzini sempliciotti dell’immediato dopoguerra (si rientrava a casa, da scuola alle 12,30 e il desinare oltreché magro era anche breve); litigate meridiane   mimetizzate sotto antiche sentenze latine: excusatio non petita, accusatio manifesta oppure, più raramente, excusatio non petita accusatio exquisita.

     Certamente tali esclamazioni scaturivano dal risentimento, per un goal non riconosciuto e per una palla scagliata in tribuna, come ancora oggi le folle usano commentare in termini che il bon ton mi impedisce di ripetere, – ancora lo fanno i ragazzini di oggi -e, quel che è peggio, con l’appoggio di papà e mammà!). In più, tali esclamazioni venivano pronunciate in un latino  maccheronico, simile alle aveMaria biascicate dalle vecchiette della prima messa  

 

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e, per giunta storpiato da quelle terribili cadenze[2] del dialetto torinese che Erminio Macario seppe attutire trasfigurandole in ironiche “macchiette” .

    La morale spicciola che si può ricavare da quei ricordi, talora sfumati dal tempo e fors’anche dalla scarsa ossigenazione del cervello, è molto semplice: il risultato conseguito in lavori, quali la presente bibliografia, è sempre assai inferiore rispetto al proposito iniziale.

Devo, per onestà, precisare che le mie considerazioni si trasformano qui da soggettive in oggettive: per quanto esistano attenuanti effettive, le mende del mio lavoro sono decisamente gravi.

     In primo luogo, per la sua incompletezza; originariamente, sfruttando le letture fatte i durante i miei studi su Del Noce, avevo pensato di tracciare una specie di storia della “fortuna” (filosofica ed extrafilosofica), quella che la puntigliosità alemanna chiamerebbe Wirkungsgeschte delnociana. Come è noto, l’influenza del pensiero di Del Noce travalica i 

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[2] Per chi non lo sapesse, aggiungo che, sino alla prima metà dell’Ottocento, la classe dirigente piemontese usava parlare metà in francese e metà in piemontese. Esemplare al proposito, la prima parte de’ I miei ricordi di Massimo Taparelli d’Azeglio.

 

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confini ristretti della filosofia.  Basti pensare, a Guido Morselli, a Geno Pampaloni, a Sigfrido Bertolini. In questa stessa prospettiva vanno segnalati anche taluni giudizi di “non addetti ai lavori”, che, per la loro pregnante sinteticità – quei modi che Del Noce amava definire “formulette”- risultano, ai fini della Wirkungsgeschichte di un autore, più efficaci di ponderosi volumi documentatissimi e filologicamente ineccepibili[3]. Uscendo fuor dal seminato, chi non ricorda la “formuletta” crociana circa Pascoli “piccolo grande poeta” o “grande piccolo poeta”, che s’è impressa nella memoria collettiva ben più che l’intera monografia di don Benedetto?

     Il materiale riunito durante le ricerche delnociane era, sovrabbondante; tuttavia, paradossalmente, questo fatto ha rappresentato una difficoltà invece che una facilitazione. Questo materiale era composto perloppiù di appunti volanti, presi su quei malefici “foglietti” – che alcuni definiscono pomposamente “schede”- 

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[3] Un esempio, presente in questa Bibliografia [cfr.SU DEL NOCE, 1998, (Mangoni, Luisa)] è la lettera di Cesare Pavese ad Augusto Del Noce che testimonia l’attenzione e l’interesse dello stesso Pavese per le ricerche cartesiane del filosofo torinese. Il libro delnociano (che poteva essere tanto Il problema dell’ateismo quanto Riforme cattolica e filosofia moderna inizialmente doveva, infatti uscire nella collana filosofica della Einaudi). Era nota l’amicizia tra Del Noce e Cesare Pavese. Ma è merito della Mangoni, troppo presto mancata agli studi filosofico culturali, aver messo in luce l’importanza della vicinanza problematica tra i due piemontesi.

 

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destinati a perdersi nel gaio, ingombrante, disordine di ogni scrivania nel momento stesso in cui gli sudi in corso imporrebbero  rapidi tempi di esecuzione. Tutto ciò è anche la ragione delle mancanze di questa prima redazione e della sua inadeguatezza rispetto al progetto iniziale. Sin dal principio questo lavoro esigeva di essere aggiornato di frequente. Ma, al tempo stesso, lo confesso onestamente, troppo cogente era la tentazione, (rinforzata dal covidiano isolamento e dall’impossibilità di frequentare le biblioteche), di rimandare questa bisogna all’anno successivo. Si tratta, evidentemente della prima excusatio non petita. Spero di esserne perdonato da chi vorrà servirsi di questo repertorio.

     Ognuna delle annotazioni “volanti” era, in qualche modo, monca. Avrebbe dovuto essere ricontrollata, così come le citazioni, talora trascritte con la sola indicazione della pagina della fonte. E, qui, micidiale come l’attacco di una divisione corazzata di Rommel, il ”19”, il mostro del XXI secolo ha sovvertito ogni proposito di rigore. In buona coscienza sento che tale incompletezza non può derivare unicamente da una excusatio non petita. Non Potrebbe trattarsi, per quanto mi concerne, solo di un caso di correità, come direbbe un penalista accorto? A differenza dalla pandemìa, in questo caso parrebbe che un rimedio efficace si possa trovare.      Questo medicamento potrebbe consistere nel carattere in ottemperanza al 

 

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quale questa “Bibliografia” è stata progettata: ossia come un repertorio continuamente aggiornabile – e mi impegno qui formalmente, a mantenere fede a questo compito.

 

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     Ho già detto che a terminare la prima parte di quest’impresa, (la cui redazione finale è mia, ma alla quale hanno collaborato tanti amici che, prima di chiudere vorrei ricordare personalmente) si era proposta, all’inizio, obiettivi decisamente molto più ampȋ. Voleva essere, insomma una specie di raccorciata storia della storiografia su il pensiero delnociano. E’ ovvio che essa avrebbe dovuto restare aperta alle ulteriori voci che, o fossero comparse dopo il 2021 o, semplicemente, fossero sfuggite alla mia attenzione. Questa la ragione per cui il Consiglio della “Fondazione Centro Studi Augusto Del Noce” di Savigliano fu unanimemente concorde nella decisione di inserirne i dati nel sito web della Fondazione stessa, sito che fu, in quest’occasione, completamente rinnovato.

       Alle molteplici difficoltà, che ho cercato di chiarire, se ne è poi aggiunta poi una ulteriore – assolutamente non addebitabile a me: la regolamentazione codificata dalla  recente legge sul diritto d’autore, (che ovviamente non volevamo né potevamo infrangere), ha

 

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reso più difficoltose le citazioni e, in alcuni casi ha costretto a eliminare molti passi che avevo pazientemente trascritto.

     Non sto a recriminare, ma non posso che ringraziare di cuore, a nome di tutta la nostra “Fondazione” e del suo “Consiglio direttivo”, l’avvocato Marco Venturello che, specialista in questo ramo del diritto, ha voluto analizzare approfonditamente le novità introdotte dalla nuova normativa , enucleandone i criteri fondativi[4] e quindi le disposizioni alle quali per prima cosa  adeguarsi: in primo luogo, limitando la lunghezza delle citazioni: inconveniente a cui ho cercato di rimediare, a seconda dei casi, nel modo che mi è parso meno complicato. In secondo luogo, scegliendo le citazioni in modo che esse invitassero, come sempre si dovrebbe fare, a leggere il libro o l’articolo per intero, e non, come spesso avviene, a citare la critica “di seconda mano”. Insomma, a considerare la presente Bibliografia, come un semplice repertorio con il quale orientarsi, appunto, nella letteratura secondaria.

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[4] Il principio fondamentale che vale soprattutto per le raccolte “antologiche, è quello per cui la citazione non deve in alcun modo dissuadere dalla lettura diretta dell’originale, ma semmai invitare a essa. Per questo, in certuni casi ci si è dovuti limitare a indicare il titolo del capitolo e la pagina in cui compare il richiamo a Del Noce. Altre volte ad adoperare la genericissima forma; “passim”.[1]

 

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Dopo queste considerazioni che, per essere oneste sono in parte anche sgradevoli vorrei terminare con un che di gradevole. Mi fa oltremodo piacere l’esprimere il mio grazie ai molti che mi hanno testimoniato la loro amicizia nei modi più disparati: vuoi con segnalazioni di testi caduti nel “dimenticatoio”, vuoi con discussioni e suggerimenti, vuoi in tanti altri modi, ma principalmente con la discussione. In particolare, Francesco Mercadante e Giuseppe Riconda, che vorrei ricordare come i grandi amici “delnociani, giacché la loro conoscenza dei testi di Augusto Del Noce ha consolidato l’iniziale simpatia reciproca, trasformandola in amicizia profonda. Né posso dimenticare Paolo Bulgarini ed Ettore Canepa, anch’essi amici veri, di cui ho profondamente apprezzato non soltanto la saggezza e l’equilibrio dimostrati, nella loro veste di consiglieri in questi anni di difficoltà della Fondazione Centro Studi Augusto Del Noce di Savigliano, ma anche come controcanto a certi miei convincimenti forse troppo abbarbicati ai miei modi di pensare. Per queste doti ormai molto rare la mia riconoscenza va anche al vice-Presidente della Fondazione stessa, il professor Sergio Soave. A lui desidero affiancare un altro gentiluomo, il prof. Giovanni Quaglia, Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino, con il cui contributo, tra l’altro, questa impresa è stata possibile.

Tra coloro che hanno dedicato il loro tempo a questo

 

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lavoro, soprattutto raccogliendo e trasmettendomi un’ampia mole di materiale, vada un grazie particolare a Paolo Armellini, dell’Università La Sapienza di Roma, ad Andrea Paris, a Gianni Dessì di quella di Roma – Tor Vergata e last but not least  Tommaso Valentini della Guglielmo Marconi. Grazie ai brillanti lavori essi hanno contribuito ad approfondire la conoscenza del pensiero di Del Noce e degli studi su di lui.

Infine un grazie maiuscolo alla signora Flavia Zuccon, che con indicibile generosità, ha provveduto a mettere man mano in ordine le pagine che seguono.

  

Enzo Randone

Garessio (Cuneo),

Il giorno di san Lorenzo dell’a. D. 2021.