Conferenza su "Il relativismo" - maggio 2009
Fondazione A. Del Noce Centro Culturale Pier Giorgio Frassati Fondazione CRS
Il Professor TITO PERLINI
dell’Università di Venezia
Martedì 5 maggio 2009, alle ore 17.30
presso la Sala Incontri
del Centro Culturale Pier GiorgioFrassati
Via delle Rosine 11 - 10123 Torino
parlerà sul tema
IL RELATIVISMO
La S.V. è cordialmente invitata
Fondazione Centro Studi Augusto Del Noce, Palazzo Taffini, Via Sant’Andrea 53,12038 Savigliano (CN) – tel./fax 0172/713933 – e.mail: fondazione.delnoce@tin.it fondazione di diritto regionale
Convegno su Sant' Anselmo - 4 maggio 2009
COMUNICATO STAMPA PER EVENTO CULTURALE DEL 04/05/09 A SAVIGLIANO
La Fondazione Centro Studi Centro Augusto Del Noce in collaborazione con l’Unità Pastorale 51, con il patrocinio del Comune di Savigliano, della Provincia di Cuneo e della Fondazione Cassa di Risparmio di Savigliano, in occasione del nono centenario della morte di Sant’Anselmo d’Aosta organizzerà una serata dedicata alla figura del grande Santo e Filosofo e precisamente Lunedì 4 maggio 2009 ore 21 presso la Sala Molineri di Palazzo Taffini Via Sant’Andrea 53 a Savigliano. Ne parleranno il Reverendo Don Sergio Boarino, Abate di Sant’Andrea a Savigliano, e il Prof. Letterio Mauro dell’Università di Genova; modererà il Prof. Gianluca Cuozzo dell’Università di Torino.
Anselmo d’Aosta (1033-1109) è considerato il pensatore di maggior rilievo del secolo XI, massima espressione della corrente platonico-agostiniana e uno dei vertici del pensiero medioevale. Membro illustre dell’ordine benedettino capì, infatti, più di ogni altro la necessità di vivere e presentare la fede in un contesto di vita nuovo e più articolato. Con Anselmo d’Aosta nasce una teologia incentrata sullo strumento della ragione, e per questo egli viene considerato il primo autentico scolastico.
Tra il IX e il X secolo il carattere fluido delle condizioni politiche ed economico-sociali spiega la stagnazione della cultura e la sua estrema frammentazione. È un periodo di generale transizione. Nel secolo XI, invece, sono evidenti i segni di un rinvigorimento della vita europea in tutte le sue forme, materiali e spirituali. Le popolazioni aumentano di numero, sorgono nuovi centri abitati le città rinascono a nuova vita e in esse si formano nuovi ceti sociali; uomini nuovi spinti da spirito d’iniziativa, da sete di guadagno, da entusiasmo religioso, da desiderio di libertà si attivano per le strade d’Europa; i servi della gleba fuggono dal feudo e vengono affrancati; milites e cadetti forniscono larghi contingenti di combattenti alle maggiori imprese guerresche del tempo. La Chiesa, prima infeudata dall’Impero si rigenera e verso la metà del secolo dà vita a una riforma radicale delle istituzioni. La lotte delle investiture, che è lotta all’Impero, e le Crociate, sono due significative espressioni di questo risveglio, che prende l’avvio dall’abbazia di Cluny e dal vecchio ordine benedettino, al quale si affiancano nuovi ordini, come quello dei Cistercensi e dei Certosini.
Nato ad Aosta nel 1033 da famiglia nobile, alla morte della madre lascia la casa paterna e peregrina in Francia per vari monasteri. Finalmente entra nel monastero benedettino di Bec in Normandia dove, prima come semplice monaco e poi come priore e abate, trascorre gli anni migliori e più fecondi. È in questo periodo, tra il 1076 e il 1077, che egli scrisse infatti le opere più famose: il Monologion (Soliloquio), dove elabora le dimostrazioni a posteriori dell’esistenza di Dio, e il Proslogion (Colloquio), dove è contenuto il celebre argomento ontologico sull’esistenza di Dio. Dopo l’elezione ad abate (1078) egli scrisse il De Grammatico (Il grammatico); il De Veritate (La verità), dove sono contenute rilevanti anticipazioni circa le teorie del significato, della supposizione e dell’appellazione; il De Libertate arbitrii (Il libero arbitrio); De casu diaboli (La caduta del diavolo) il Liber de Fide Trinitatis e il De Incarnazione Verbi (L’incarnazione del Verbo). Nominato poi arcivescovo di Canterbury in Inghilterra fu a lungo impegnato con Guglielmo II il Rosso e con il successore Enrico sulla questione delle investiture ecclesiastiche. Qui iniziò la stesura del Cur Deus homo (Perché Dio si fece uomo), che ultimò in Italia, dove restò, esiliato da Guglielmo, dal 1097 al 1100. In questo periodo partecipò attivamente al concilio di Bari del 1098. Gli ultimi anni li trascorse a Canterbury e scrisse il De concordia praescientiae et praedestinationis et gratiae Dei cum libero arbitrio (L’accordo della prescienza, predestinazione e grazia di Dio con la libertà umana). La morte lo colse il 21 aprile del 1109, ancora intento alle sue ricerche e riflessioni sull’origine dell’anima.
Aggiornamenti Bibliografici
E' in preparazione una bibliografia ragionata delnociana a cura del Prof. Enzo Randone, Presidente della Fondazione. Considerata l'ampiezza del lavoro si daranno di volta in volta gli aggiornamenti.
Essa si avvarrà delle bibliografie già esistenti, in particolare di quella del 1995 e di un aggiornamento bibliografico assai ricco gentilmente fornitoci dal Prof. Paolo Armellini, che qui ringraziamo di cuore.
Questa ulteriore bibliografia dovrebbe comprendere anche lavori che, pur non essendo dedicati specificamente ad Augusto Del Noce, contengano riferimenti significativi al suo pensiero. Con l'occasione, altresì, preghiamo vivamente tutti coloro che abbiano scritto anche marginalmente su Del Noce, di far pervenire alla Fondazione una copia dei loro lavori, che andranno, inoltre, ad arricchire l'appena costituito archivio della critica delnociana.
Quando sarà completata, tale bibliografia verrà pubblicata a cura della Fondazione.
Presentazione Augusto Del Noce
Nato a Pistoia, studiò a Torino dove ebbe, fra i suoi maestri, Umberto Cosmo al Liceo e Carlo Mazzantini all’Università. Importante fu la frequentazione di Piero Martinetti, dalla cui filosofia restò per qualche tempo affascinato. Altre matrici del suo pensiero sono nella filosofia francese, Blondel, Maritain, Gilson e Laporte. Significativo per la sua formazione etico-politica fu anche il suo incontro con Aldo Capitini. È stato professore ordinario di storia della filosofia moderna e contemporanea all’Università di Trieste e di Storia delle dottrine politiche e Filosofia della politica all’Università di Roma “La Sapienza”. Ricoprì per una legislatura la carica di Senatore della Repubblica.
La sua filosofia è rivolta innanzi tutto alla fondazione dei valori tradizionali nello sforzo di dimostrare come in base ad essi sia possibile un orientamento nella storia ed un impegno etico-politico in essa. Fra la fine degli anni 30 e l’inizio degli anni 40 visse a contatto con Balbo e Rodano l’esperienza del cattolicesimo comunista che poi sottopose a dura critica.
Il contributo essenziale di Del Noce consiste in una profonda reinterpretazione della storia della filosofia moderna e contemporanea che si fa reinterpretazione filosofica dell’intera storia moderna e contemporanea. La critica di Del Noce è rivolta alla concezione che vede nella modernità un processo incessante di secolarizzazione, come corsa verso un immanentismo radicale. Egli non contesta che tale processo si sia verificato, ma ritiene che esso non esaurisca la modernità. Avanza così la tesi di un’ambiguità del pensiero di Cartesio, considerato come il vero iniziatore della filosofia moderna da cui si dipanerebbero due linee di pensiero: quella della secolarizzazione, da Cartesio a Nietzsche, e una seconda linea che la costeggia reagendo ad essa, da Cartesio a Rosmini, che ha i suoi momenti essenziali nella filosofia religiosa della Riforma cattolica, in Pascal, Malebranche, Vico, per giungere a Rosmini e al neotomismo francese. In questa seconda linea non si ha soltanto una reazione alla prima, ma una vera e propria riaffermazione della tradizione, che non è semplice ritorno ad essa, ma un suo reale approfondimento. L’ateismo a cui il processo della secolarizzazione mette capo non è il destino dell’Occidente, ma solo il suo problema. Alla base dell’ateismo vi è il razionalismo come negazione gratuita del mistero e del soprannaturale, sicché la critica dell’ateismo deve farsi critica del razionalismo, il quale cela l’ineliminabile carattere di scelta ad esso sotteso, aprendo la via alla scommessa pascaliana, che ai nostri giorni si configura come scelta fra nichilismo e cristianesimo. Egli usa per la sua filosofia, che vuole essere un “filosofare nella fede”, il termine ontologismo, con il quale indica una visione che definisce l’uomo per la sua partecipazione all’essere in un orizzonte di mistero, interpretando la situazione umana in termini di peccato in un confronto con i grandi problemi del male e della libertà.
Sulla base di questa visione antropologica, Del Noce svolge la sua critica al marxismo, mostrando come la sua realizzazione abbia coinciso con il suo fallimento, nel senso che il suo esito ultimo, consumatosi il momento dialettico-rivoluzionario, si è risolto nell’estensione senza limiti di quello materialistico, di quella concezione espressivistica del pensiero e dei valori in genere che è alla base della società tecnocratica; tale società, di cui il nichilismo è la più o meno consapevole espressione, costituisce oggi l’alternativa alla visione religiosa e non c’è altra alternativa ad essa, secondo Del Noce, che il ritorno alla visione religiosa.
Prof. Giuseppe Riconda